Pseudomugil luminatus: la mia esperienza di allevamento

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Pseudomugil luminatus
Pseudomugil luminatus

Tassonomia

 Phylum: Chordata

 Classe: Actinopterygii ( ray-finned fishes) 

Ordine: Atheriniformes ( Silversides) 

Famiglia: Pseudomugilidae ( blue-eyes) 

Genere: Pseudomugil 

Specie: P. luminatus  

Etimologia del nome: dal greco pseudes ( falso) usato come prefisso + latino mugil (muggine, pesce di mare) e luminatus ( dal latino “luminare”, con riferimento ai vivaci colori esibiti dai maschi adulti)

 I Blue Eyes sono piccoli pesci colorati, che popolano i corsi d’acqua dolce e le acque salmastre in Australia, Papua Nuova Guinea e alcune isole orientali dell’Indonesia.

Pseudomugil luminatus habitat

 E’ generalmente riconosciuto che siano evoluti da un antenato marino aterinide e che condividano molti caratteri anatomici con i membri di questa famiglia ( Allen 1980; Allen e Cross 1982).

Il genere Pseudomugil fu classificato da Kner nel 1865, quando descrisse P. signifer da Sydney. Lui e molti altri autori hanno collocato questo genere in una famiglia separata, Pseudomugilidae, mentre altri lo hanno incluso nella famiglia Atherinidae. McCulloch (1929) riteneva che questo genere appartenesse alla famiglia Melanoteniidae.

Allo stesso modo Allen, nella sua revisione generica dei pesci arcobaleno nel 1980, collocò Pseudomugil nella famiglia Melanoteniidae sulla base di due caratteri condivisi: la struttura della mascella e la modifica delle pinne pelviche. Nello stesso articolo, Allen descrive anche un nuovo genere, Popondichtys ( Allen, 1987) con Pseudomugil furcatus come specie tipo.

Allen (1980) e Allen e Cross (1982) credevano che Pseudomugil e Popondichtys fossero strettamente imparentati e che questi generi fossero i membri più primitivi della famiglia Melanoteniidae.

Esemplari museali di P.luminatus furono originariamente raccolti nel 1997 da una palude di Sago nelle vicinanze di Timika, nella Papua occidentale da G. Allen, S. Renyaan e K. Hortle, ma furono inizialmente identificati come P. paskai: variano i numeri dei raggi delle pinne, il numero di squame, come la colorazione, molto più accesa e tendente al rosso di P. luminatus rispetto a P.paskai. Si pensava che si trattasse di una forma di ibridazione, ma lo studio del DNA ha svelato che in realtà era una specie diversa. P. luminatus è stato di recente inserito nella lista rossa IUCN delle specie minacciate nel 2019. Questo perché due dei luoghi in cui è stato ritrovato si registra un continuo declino dell’habitat. 

Località

pseudomugil luminatus localizzazione in natura

La località tipo, che si trova a 20/25 km a monte dell’estuario del fiume Iweka, è stata gravemente alterata dai sedimenti della miniera d’oro e rame di Freeport alla fine degli anni ’90 e si presume che questa specie ed altra fauna associata alle paludi, non siano più presenti. Allen ci dice nel suo scritto ( di cui un estratto a questo link: https://rainbowfish.angfaqld.org.au/luminatus.htm ) che la maggior parte degli esemplari provengono dal sistema del fiume Iweka, tra i 45 e i 60 mt sopra il livello del mare, con temperature tra i 26 e i 28 gradi, pH tra 4.8 e 7.2 e conducibilità tra 7 e 126 uS. L’aspettativa di vita è intorno ai due anni, al massimo, anche se Allen riferisce che dovrebbe attestarsi tra i due e i quattro anni.

La mia storia e la mia esperienza

Sono “nuova” dell’hobby. Ho iniziato esattamente due anni fa, con un mega acquario da 230 litri, che ho popolato principalmente con ciclidi nani, i Mikrogeophagus altispinosus. Ma come tutti, agli esordi, ho pensato ad un acquario di comunità. Sono stata accorta nella scelta delle specie da ospitare, ma è stato solo in secondo momento che ho iniziato ad apprezzare la bellezza del monospecifico.

 Probabilmente crescendo – in senso acquariofilo- sono riuscita a scorgere le potenzialità che offre l’allevamento di una singola specie: i comportamenti sono più naturali e non esiste competizione alimentare, tanto per dirne un paio.

 Dopo al massimo sei mesi, al primo acquario se ne è aggiunto un secondo, dedicato ad un bellissimo esemplare di Betta splendens. Anche qui, sembra come se avessi seguito un copione scritto! Tappa ( quasi ) obbligatoria, quando si è all’inizio: si è immancabilmente attratti dai colori e dai comportamenti di una specie che oserei definire iconica.  

Ma alla dipartita del coloratissimo pescetto, mi sono ritrovata con un vuoto, che inizialmente non riuscivo a colmare. Perché sì, sono abbastanza folle da affezionarmi pure ai pesci! I vincoli del basso litraggio, e della mia inesperienza, hanno ristretto parecchio le opzioni. E poi, passare da un Betta, che notoriamente ha un certo carattere, nonché una livrea da urlo, a qualunque altra specie, non è cosa facile! 

Ho chiesto consiglio ad amici, conoscenti, ai vicini di casa, ho indetto un referendum familiare, persino…finché le mie lunghe e noiose ricerche in solitaria, mi hanno portato a loro: Pseudomugil luminatus. 

Finalmente qualcosa che si discostava dal solito, dal già visto, relativamente semplice da trovare in commercio nella mia zona. Sono stata attratta principalmente da quei deliziosi occhietti blu, quasi illuminati al buio. Mi stupisce ancora oggi, dopo quasi un anno, notare la perfezione e i dettagli delle loro seppur piccole pinne: le forme, il pattern con tanti minuscoli puntini scuri. Ma quello che mi ha fatta letteralmente impazzire, sono le piccole pinne pettorali: come mi è stato fatto notare sotto un mio post a loro dedicato nel gruppo Facebook “Acquari e Biotopi Dolce e Marino”, sembra che ti facciano “ciao-ciao”. Alla luce di questo folle amore appena sbocciato, ho fatto le mie ricerche, i miei studi di fattibilità, aggiustato i parametri dell’acqua, e sono partita con la mia nuova avventura acquariofila. 

La vasca per Pseudomugil luminatus

E’ un 38 litri lordi, che misura 45x28x30. Luci modeste, senza co2, piante semplici: un microsorium, limnophila sessiliflora, anubias nane, piante galleggianti. Qualche radice e sasso per le epifite, foglie di catappa per ambrare leggermente l’acqua, ma soprattutto per le proprietà benefiche dei tannini.

 Un filtro da 300l/h che tengo a flusso ridotto, non sono amanti delle forti correnti. 

Dopo i primi tempi, ho imparato a non dare troppo peso al pH, che si attesta comunque sul 7/7.2. Considero più importante la conducibilità, che tengo entro i 200uS. 

Fertilizzo in modo blando, giornalmente, e se la conducibilità si alza, faccio un cambio.

 Generalmente, mi attesto su cambi del 20% ogni dieci giorni.

Comportamento

Sono pesci gregari e pacifici, che vivono meglio in un bel gruppetto. Sono molto timidi e paurosi: è facile spaventarli con un movimento brusco davanti alla vasca. Parimenti, non amano quando metto le mani in acqua per la manutenzione, e spesso restano nascosti per qualche ora, prima di tornare a riprendere fiducia e ad uscire allo scoperto. Ho preferito realizzare, per loro, un acquario monospecifico. 

Alimentazione

pseudomugil luminatus che si nutre di artemia

Naupli di artemia sono importantissimi per loro: il miglior valore nutritivo, cibo vivo, facile da utilizzare, ne migliora tantissimo la colorazione. Ma P. luminatus non disdegna il congelato ( soprattutto chironomus rossi), e neanche il cibo secco ( di qualità, e granulometria ultra sottile). 

Dimorfismo sessuale

 I maschi sono generalmente più lunghi e colorati, con pinne più ampie 

pseudomugil luminatus esemplare maschio

Riproduzione

Come già detto, P. luminatus è a rischio estinzione. Questo fatto, sommato alla breve vita di questo piccolo pesciolino, mi ha imposto una sorta di “obbligo” morale. Avere un acquario e allevare dei pesci, è, per me, sicuramente una esperienza più gratificante, se permetto ai miei ospiti non solo di vivere bene e non contrarre malattie, ma soprattutto di replicare, come in natura, il loro ciclo vitale completo, che comprende, perciò, anche la riproduzione. 

C’è voluto un po’ prima di trovare le giuste informazioni.  Inizialmente mi sono ritrovata più volte minuscoli avannotti in vasca, e ho sperato potessero sopravvivere con i genitori, nutrendosi di quello che c’era ( infusori, microfauna in genere). Ma sono sempre spariti nel nulla. 

Così un bel giorno ho deciso di isolare l’ennesimo avannotto, e di mettergli un po’ di muschio che avevo in vasca. La sorpresa è stata la schiusa di parecchie uova, evidentemente deposte proprio in quel muschio! Gli avannotti sono davvero minuscoli, con loro si pone subito il problema dell’alimentazione. 

Un acquariofilo più attrezzato di me può usare inizialmente infusori e parameci. La sottoscritta si è arrangiata con ciò che aveva a disposizione, ossia un liquido a base di artemia, acquistabile online o nei negozi specializzati. Non è stata una cattiva idea, perché i piccoli sono riusciti a crescere, finché non sono riuscita a somministrare loro anguillole dell’aceto, microworms, e dulcis in fundo, naupli di artemia. 

Sulla riproduzione, ho approfondito QUI

avannotto di pseudomugil luminatus

Dal momento in cui iniziano a cibarsi di naupli, si può dire che siano fuori pericolo: la crescita è esponenziale, iniziano anche a prendere colore.

 Tra le buone pratiche ( essenziali, direi), i cambi d’acqua quotidiani ( del 50%, con acqua della vasca principale, inizialmente, sempre con la speranza che vi trovino qualche microrganismo utile, e poi con acqua d’osmosi ricostituita), e una buona alimentazione per tre, ma anche quattro volte al giorno. 

 Volendo essere sicuri di avere un maggior numero di schiuse, si possono collocare in acquario i classici mop in lana acrilica di colore scuro: sarà semplicissimo trovarvi le uova, color oro, attaccate ai loro fili di lana, per poi prelevarle e farle schiudere in una vaschetta separata. 

Conclusioni

Chi mi conosce, sa che sono innamorata di questa specie: pesci piccoli, vivaci, coloratissimi, semplici da mantenere in salute e da far riprodurre.  Se qualcuno mi avesse predetto, agli esordi nell’hobby due anni fa, che mi sarei cimentata in riproduzioni, vasche di accrescimento, cibo vivo, lo avrei sicuramente preso per pazzo. E se mi avesse detto che avrei fatto tutto ciò più di una volta, lo avrei deriso per mesi. Ma non è, effettivamente, un’impresa impossibile, neanche per una persona poco esperta come me, con i giusti accorgimenti. Bisogna avere tanta pazienza, attrezzarsi con vaschette varie, cibo vivo di varie grandezze, avere la costanza di non saltare neanche un cambio d’acqua: se da adulti raggiungono al massimo i tre centimetri e mezzo, appena nati sono quanto di più piccolo abbiate forse mai visto, e sono delicati. 

Se non vi sentite pronti a fare questo sacrificio, sicuramente non fa per voi. Ma se siete disposti a metterci un po’ di impegno in più, P. luminatus dà enormi soddisfazioni. 

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